Padre Pino Puglisi, testimone del Vangelo

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UMANESIMO DIGITALE 14-18 SETTEMBRE

Le riflessioni di questa settimana per “La via della Sicilia per convenire a Firenze 2015” sono incentrate su Padre Pino Puglisi, semplice testimone del Vangelo che pagò con la vita la lotta contro la criminalità organizzata. Intervengono, al microfono di Adele Di Trapani, Pino Martinez, componente del Comitato intercondominiale di Brancaccio – difficile quartiere di Palermo in cui operava Don Pino – e collaboratore diretto di Padre Puglisi e don Maurizio Francoforte, parroco della chiesa di San Gaetano del quartiere.

Nei suoi interventi, Pino Martinez ricorda la vita a contatto con un angelo che lottava in mezzo agli ultimi contro la mafia, attraverso un percorso di istruzione e legalità, facendo di Brancaccio un luogo di condivisione e di impegno sociale. Significativamente, il Beato prima di morire compì 33 anni di vita pastorale, esattamente quelli di Cristo.
Come hanno ricordato gli attori Salvo Ficarra e Valentino Picone, quella del Beato Pino Puglisi non è stata una morte ma una nuova nascita, e il suo operato continua ancora nelle realtà più vicine al suo insegnamento. Il religioso metteva in atto l’incompatibilità tra mafia e Vangelo uscendo dalla sacrestia, incontrando la gente, costruendo il centro Padre Nostro senza contributi pubblici. Le sue armi erano l’amore e la parola.
La frase più celebre di Padre Puglisi è probabilmente: “Se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto”: il religioso insisteva molto sull’importanza dell’azione di tutti come prima arma di protesta collettiva per sensibilizzare l’intervento delle autorità. Bisognava, cioè, agire in prima persona, consapevoli di far parte di un progetto divino, e non relegare Dio in una nicchia. Lui era il primo ad agire e ad ascoltare tutti, dai più stretti collaboratori agli interlocutori “di passaggio”. Sapeva vedere ovunque l’amore di Dio e degli uomini e nel seminare fermenti e idee.

Nelle sue riflessioni di venerdì 18 settembre, don Maurizio Francoforte racconta la sua esperienza a contatto con un sacerdote vero, che si prendeva cura del prossimo non solo attraverso la conoscenza delle persone e del territorio, ma soprattutto attraverso l’accoglienza.
Il suo sacrificio non è stato vano: oggi, malgrado i luoghi comuni, Brancaccio è una comunità viva, in cui le nuove generazioni vivono e agiscono nel ricordo dell’operato del loro Parroco. Il quartiere, è vero, vive la crisi e la mancanza di lavoro, cause dello spopolamento soprattutto da parte dei più giovani, ma molti di quelli che restano si rimboccano le mani.
Rispetto a 22 anni fa, quando Padre Puglisi venne assassinato, sono cambiate in meglio molte cose: c’è la scuola, la fognatura. Diritti essenziali, per cui però il religioso dovette lottare molto. Altre cose non vanno: è forte l’emarginazione, i passaggi a livello che delimitano il quartiere lo isolano pericolosamente, e il timore che il mostro della mafia ritorni forte è grande. I giovani fanno però da presidio: per loro, la celebre frase “Se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto” è uno stile di vita in ricordo perenne di Don Pino, che predicava e metteva in atto la coerenza, senza tirarsi mai indietro.

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